I peggiori scenari orwelliani, evocati in occasione della recente approvazione di un decreto attuativo del Jobs Act in materia di controllo a distanza dei lavoratori, sono già realtà tra i padiglioni di Expo 2015. E a cogliere le opportunità di questa controversa norma che bypassa di fatto lo Statuto dei lavoratori non poteva che essere l’”official HR premium partner” di Expo, Manpower, che ama appunto autorappresentarsi come “leader mondiale nelle innovative workforce solutions”.
Ricapitoliamo in pillole quanto sta avvenendo. L’11 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto attuativo del Jobs Act che, tra le altre cose, contiene quella che il Ministero del Lavoro presenta come un mero aggiornamento alle innovazioni tecnologiche odierne dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta alle aziende di utilizzare sistemi di controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti.
Strumenti che possano consentire anche il controllo a distanza sono ammessi per finalità produttive e organizzative ma comunque “previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali”. Il gioco sta tutto qui: il recente decreto chiarisce che non si possono considerare “strumenti di controllo a distanza” i dispositivi che vengono forniti dall’azienda al lavoratore “per rendere la prestazione lavorativa”, e cioè i propri “attrezzi”, che oggi sono fatti anche di computer, tablet, smartphone. Essendo “strumenti di lavoro” e non “di controllo”, il loro utilizzo viene di fatto sottratto al vaglio degli accordi sindacali. La norma riguarda anche i dispositivi di proprietà del dipendente nei limiti in cui questi sono usati ai fini lavorativi, oltre che gli “strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”, e cioè i badge che attualmente sono in grado anche di tracciare gli spostamenti del lavoratore all’interno dell’azienda. I dati raccolti da questi device potranno essere usati anche per fini disciplinari: unica garanzia – se così si vuol chiamare – è che il lavoratore sia informato del controllo.
In molti hanno fatto notare che la norma ben puntella il cosiddetto “Contratto a tutele crescenti” e soprattutto le novità in materia di licenziamenti introdotte dal Jobs Act, per le quali un licenziamento illegittimo (magari mottivato sulla base di dati ottenuti mediante controllo a distanza) non comporta comunque il reintegro del lavoratore, ma solo un indennizzo, a tutto vantaggio delle aziende.
Ben prima dell’11 giugno, quando le nuove norme sono state approvate, in Expo il controllo a distanza era già realtà e il “Grande Fratello” evocato da più parti si chiama Manpower.
Ai lavoratori assunti dall’agenzia interinale, infatti, è stato richiesto di scaricare sui propri smartphone una app chiamata, a seconda degli operatori telefonici utilizzati, People Link o People Time Map. Il software funziona, secondo l’azienda che l’ha commissionato mesi fa, come un semplice badge: con l’applicazione è quindi possibile “timbrare” l’entrata e l’uscita dal luogo di lavoro così come le pause. Manpower comunque specifica che “per attivare i sistemi di timbratura è necessario utilizzare la propria e-mail personale”, cioè quella comunicata all’azienda in fase di assunzione, e per far “funzionare l’app in maniera corretta è necessario attivare il Wi-Fi e il GPS”.
Tramite l’applicazione, dunque, è possibile monitorare costantemente la posizione del lavoratore all’interno del perimetro del sito espositivo, geolocalizzandola tramite GPS. Gli spostamenti fisici dei lavoratori assunti da Manpower all’interno di Expo sono dunque sempre tracciabili durante l’orario di lavoro. Inoltre, la app può accedere ai dati contenuti nei device dove è installata, e cioè i telefonini cellulari personali dei dipendenti. Anche l’e-mail con la quale il software lavora è quella personale dei lavoratori, fornita a Manpower all’atto dell’assunzione.
Alcune sigle sindacali hanno contestato all’azienda la palese violazione della privacy, lamentando fra l’altro la mancata comunicazione a sindacati e lavoratori in virtù del già citato articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. Manpower ha risposto pochi giorni fa sostenendo la totale correttezza del proprio agire in rispetto della legislazione vigente, citando proprio il decreto attuativo dell’11 giugno. E’ curioso vedere come il colosso delle agenzie interinali accordi una sorta di “retroattività” a tale provvedimento così da coprire i propri affari, evidentemente iniziati il 1 maggio all’apertura dei cancelli di Expo. O forse, se è vero che a pensar male a volte s’indovina, Manpower conosceva già il testo del governo o forse l’ha addirittura suggerito e in qualche modo ispirato?